Prevenzione contro il tumore al seno: la voce delle donne
Pubblicato il 13/10/2021 - Aggiornato il 17/10/2024
SCOPRIRE IL TUMORE
“La cosa più difficile è stata dirlo ai miei genitori. Io sono figlia unica. Il primo pensiero va sempre alle persone a cui vuoi bene e ci ho messo molto tempo a condividerlo con loro, l’ho fatto solo prima di essere operata”.
Laura è una donna indipendente, è concentrata sulla sua crescita professionale, non ha figli e non è più sposata. Nel 2014 vede sul petto un rigonfiamento, palpabile al tatto. “Credo che i medici capiscano subito quando si tratta di qualcosa di grave. Ho fatto un’ecografia veloce, sono passata da un esame all’altro e alla fine mi hanno diagnosticato un tumore maligno, da togliere con un intervento chirurgico”.
Purtroppo Laura dovrà affrontare più di un intervento. Il primo, una quadrantectomia (asportazione di una parte della mammella). Il secondo, dopo due settimane, una resezione (asportazione, in questo caso, più ampia). L’esame istologico però, che analizza le anomalie dei tessuti, è un’altra volta positivo. Bisogna fare un terzo intervento.
“Al controllo dopo il secondo intervento mi dissero che bisognava togliere tutto. In quel momento ho avuto la prima forte botta. Ti chiedi perché il tumore sia ancora lì, ti chiedi se i medici siano davvero sicuri, perché nel giro di un mese e mezzo dovevo entrare una terza volta in sala operatoria. Avevo bisogno di metabolizzare e ho deciso di cambiare ospedale. A febbraio del 2015 mi sono sottoposta all’intervento di mastectomia totale”.
L’ultimo intervento, il quarto, è per la protesi finale. E quando inizia la terapia post intervento, arriva il secondo colpo di dolore per Laura.
GLI EFFETTI COLLATERALI DELLE TERAPIE
“Il mio era un tumore di tipo ormonale e non ero pronta a sentirmi dire che era necessario mettermi in menopausa forzata. Alla mia età, 42 anni, mi sembrava troppo presto”. E poi le altre ipotesi di effetti collaterali su ossa, utero, endometrio. “Le vampate di calore sembrano una stupidata ma non lo sono. Io ne ho forti e tante da 7 anni. Non perdo solo calore ma anche tanta energia e arrivo a sera che sono stanchissima”.
Secondo Laura si tratta anche di un problema sociale:
“Vedono che cerco di farmi aria e mi lanciano la battuta “che cosa hai, le vampate della menopausa?” e quando gli rispondo che è proprio così si ritraggono imbarazzati, rimangono increduli per l’età. E io non so se mettermi a spiegare che cosa mi succede, oppure rispondere con una battuta, o ancora lasciare stare…”.
C’è imbarazzo anche quando capita di incontrare un nuovo compagno: Laura non sa se dire subito che ha avuto un intervento, oppure aspettare. Ci sono donne che sono state lasciate durante la malattia, o durante le terapie, perché i partner non erano in grado di reggere le difficoltà. “Quando sentivo queste storie pensavo fosse meglio essere sola”.
Bisogna farsi forza, farsela venire anche quando si pensa di non averla, racconta Laura. Gli effetti collaterali vanno monitorati, arginati, curati. Possibilmente affrontati con una visione unica sul corpo della paziente, ma questo non sempre succede. “Ogni singola donna deve cavarsela da sola. Io faccio riferimento a un endocrinologo per le ossa, vado da una nutrizionista, da uno psicologo. C’è chi ha le forze e le possibilità economiche per farlo, altre no. Alcune scoprono dopo anni di avere nuovi problemi. Anche prendere gli appuntamenti per gli esami di controllo ogni 6 mesi è un lavoro: gli ospedali non hanno sempre spazi liberi per le visite in corrispondenza dei tuoi bisogni.
CONVIVERE CON LA MALATTIA
Se Laura potesse esprimere un desiderio per le donne malate di tumore al seno non vorrebbe sprecarlo con un pensiero scontato, salvarle tutte. Vorrebbe che esistessero delle figure professionali, oltre l’oncologo, lo psicologo, il medico di base, capaci di prendere in carico una paziente e affiancarla nei bisogni che nascono di volta in volta. “Le persone intorno a noi si limitano a chiederci se i controlli vanno bene e hanno più paura di noi di sentirsi dire che no, qualcosa non va. Le donne che si ammalano si perdono, si sentono sole, sono stanche, incomprese”. Anche per questo Laura ha amministrato per diverso tempo un gruppo su Facebook, “Le Guerriere”, con amiche operate come lei: uno spazio online dove è possibile trovare una parola di conforto ma soprattutto solidarietà e consigli concreti su come affrontare il tumore durante e dopo l’intervento.
“Chi si ammala si sente colpevole, chi scopre delle recidive si sente colpevole. Pensa di non aver fatto abbastanza esercizio fisico, di non essere stata abbastanza attenta all’alimentazione. La malattia stravolge la tua vita e il senso di colpa non passa”.
PREVENZIONE VUOL DIRE VOLERSI BENE
“Se potessi parlare con la Laura di 42 anni che deve ancora scoprire di essere malata, le direi che è importante prendersi del tempo per sé stessi. Io credo di essermi ammalata perché in quel periodo mi ero dimenticata di me, e non bisogna mai farlo.
Se ti convinci che prenderti cura di te stessa è importante, allora farai anche prevenzione. Fare ciò che ci piace, prenderci il tempo per fare le visite di cui abbiamo bisogno, accettare che abbiamo delle esigenze non è essere egoiste. Vuol dire volersi bene”.
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