Lavorare durante le feste: la voce di Maurizio
Pubblicato il 17/12/2021 - Aggiornato il 28/12/2023
Lavorare in un gruppo ospedaliero significa essere presenti anche quando il resto delle persone festeggia. Leggi la voce di chi in Auxologico non va in vacanza.
Sposando un infermiere mia moglie Barbara ha dato per assodato che le feste insieme sarebbero state una conquista, ma ogni anno scegliamo se condividere il Natale o il Capodanno. Il resto lo fa la fortuna o la sfortuna del turno che mi capita.
Maurizio ha 49 anni e 27 di onorato servizio come infermiere. “L’interesse è nato presto, quando ero un bambino. Sono stato ricoverato in diversi momenti della mia infanzia per un tumore e osservavo gli infermieri che si prendevano cura di me: erano sempre presenti, attenti. Avevo a che fare con loro tutto il giorno mentre il medico lo vedevo solo un paio di volte durante la giornata. E poi avevo il modello di mia madre in casa, infermiera in sala operatoria. Lei mi ha trasmesso la passione per i casi difficili”.
Come si gestiscono le emozioni di un paziente per il quale si rappresenta l’unico riferimento in ospedale, quando fuori tutti festeggiano con la propria famiglia?
Ricordo la potenza delle videochiamate che in questi anni hanno accorciato le distanze e ci hanno fatto commuovere. Quello che mi colpisce è che i pazienti si ravvivano anche solo grazie al contatto visivo con i propri cari. I parenti invece soffrono il fatto di non poter dare una carezza o un abbraccio di conforto. Allora noi cerchiamo di incoraggiarli ad apprezzare ogni momento.
Sempre curioso di approfondire tutte le specialità, dai Reparti di base alle Sale operatorie, dalle Terapie intensive ai Pronto soccorso, Maurizio ha cambiato diverse strutture negli anni. “Il primo posto è stato a Varese, in un centro per disabili psichici. Poco dopo sono passato alla sala operatoria, di supporto alla chirurgia maxillo-facciale. La vocazione l’ho trovata quando sono passato al reparto di Cardiologia e Cardiochirurgia: i ritmi erano tosti, un grande turnover di pazienti e un lavoro ad alta intensità. Dopo tre anni decido di partire”.
La prima tappa è Roma. Passano sette mesi in un reparto di Riabilitazione respiratoria con i pazienti tracheostomizzati (persone che fanno molta fatica a parlare perché l’aria che normalmente attraversa le corde vocali per parlare non passa più) ed è la volta di Tolosa in Francia. Qui si tratta di un ambulatorio polispecialistico perché nonostante l’esperienza, Maurizio deve imparare a padroneggiare la lingua. La seconda tappa francese è Perpignan, la prima occasione di lavorare in Pronto Soccorso. “Ero spaventato perché non ero sicuro di essere all’altezza ma è andata bene”.
Alla fine è il momento di un ospedale di provincia a Barcellona: 16 piani per 300 accessi al giorno. Lavora soprattutto la notte, in squadre di 10 infermieri che devono gestire più traumi, parlando a volte il castigliano e a volte il catalano: “Quando hai così tanti pazienti in attesa e livelli alti di emergenza è fondamentale lavorare in una équipe affiatata, dove il lavoro è davvero condiviso”.
Quando Maurizio decide di tornare trascorre 9 anni a Paderno Dugnano, sempre in Pronto Soccorso, fino a quando Auxologico gli offre l’opportunità che stava cercando da tanto tempo: "ora lavoro sia in Pronto Soccorso, sia in Unità Coronarica, quindi Cardiologia. Le mie passioni. Ho capito che nelle situazioni di emergenza, quando bisogna avere a che fare con persone spaventate o traumatizzate, sono capace di dare il meglio di me".
Noi infermieri abbiamo un ruolo molto importante, facciamo da ponte tra l’interno e l’esterno, tra pazienti e parenti, tra cure e assistenza. La vicinanza con il malato è il motivo per cui ho scelto questo mestiere, è dove voglio essere. Mi piace quello che faccio e se le forze tengono, lavorando in un reparto intensivo come questo, tra dieci anni mi troverete ancora qui.