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Zuccheri: a cosa servono e quando ci fanno male

Pubblicato il 15/10/2021 - Aggiornato il 25/11/2024

Queste informazioni non sostituiscono in alcun modo il colloquio con il tuo medico di fiducia.

Gli zuccheri possono essere semplici o complessi, e ne esistono di diversi tipi. Per il nostro organismo sono fondamentali, se assunti nella giusta quantità.

Prof.ssa Simona Bertoli

Direttore Centro Ambulatoriale Obesità

Direttore Centro Dieta Chetogenica

Zuccheri semplici e zuccheri complessi

Distinguiamo gli zuccheri o carboidrati in due grandi categorie: zuccheri semplici e zuccheri complessi. Gli zuccheri semplici sono una famiglia caratterizzata da monosaccaridi e disaccaridi, presenti in svariati alimenti:

  • il glucosio è il monosaccaride che consumiamo maggiormente, ma raramente in forma pura;
  • il fruttosio è un monosaccaride contenuto prevalentemente nella frutta e in parte nel miele;
  • il galattosio è un monosaccaride contenuto prevalentemente nel latte.

Tra i disaccaridi:

  • il saccarosio, formato dal glucosio e dal fruttosio;
  • il lattosio, che si trova nel latte, e una volta digerito si trasforma in lattosio, glucosio e galattosio;
  • il maltosio, formato da due molecole di glucosio.

Sia gli zuccheri semplici, sia gli zuccheri complessi, vengono trasformati dalla digestione in monosaccaridi e il loro apporto calorico è sempre di 4 kcal per grammo. 
Lo zucchero complesso più consumato è l’amido, un polisaccaride contenuto nelle patate, nei legumi e nei cereali.

Le tipologie di zucchero

Zucchero bianco, zucchero di canna, dolcificante, fruttosio, miele: cosa scegliere quando siamo al bar? Qual è l’equilibrio migliore tra sapore dolce e apporto calorico?

La bustina di zucchero del bar è solo saccarosio: non contiene vitamine, minerali, o sostanze nutritive protettive. E tra quello bianco e quello di canna non cambia molto in termini calorici.

Il fruttosio dà meno calorie perché ha un maggiore potere dolcificante, quindi ne serve di meno: infatti le bustine di fruttosio sono più piccole. 

I dolcificanti artificiali: ormai la convinzione generale è che meno se ne consumano e meglio è. Quelli naturali, come per esempio i polialcoli, (eritritolo, mannitolo, isomalto, lattitolo, xilitolo, sorbitolo maltitolo)  possono essere una strategia. Bisogna fare attenzione perché possono avere un effetto lassativo se consumati in grandi quantità, causando gonfiore, gas intestinale e diarrea.

Nel miele, oltre allo zucchero che è la ragione per cui lo percepiamo dolce, ci sono anche molecole nutritive alle quali sono stati attribuiti effetti protettivi sulla salute, con proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Il miele, quindi, rispetto allo zucchero in bustina è considerato migliore, perché oltre ad avere il glucosio e il fruttosio, ha anche delle sostanze nutritive che il saccarosio non ha. 

A cosa servono gli zuccheri?

Il nostro organismo consuma glucosio: è il nostro substrato energetico per eccellenza, in quanto è la sostanza utilizzata dalle cellule per produrre l’energia necessaria al proprio funzionamento. La glicemia è il valore che indica la concentrazione del glucosio nel sangue.

Gli zuccheri complessi, i polisaccaridi, contenuti nel pane, nella pasta, nei legumi, vengono digeriti e assorbiti molto lentamente, soprattutto se sono integrali, perché la fibra ne rallenta l’assorbimento. La glicemia salirà poco e lentamente, per poi scendere sotto effetto dell’insulina. 

Gli zuccheri semplici, invece, non hanno bisogno di essere digeriti e vengono assorbiti molto velocemente. La glicemia sale più velocemente e si raggiunge quello che si chiama picco glicemico. Per gestire questo pasto serve molta più insulina e un super lavoro del pancreas per produrla. In particolare i diabetici, o coloro che hanno un’alterazione del metabolismo del glucosio, devono fare molta attenzione alle quantità assunte giornalmente. 

Un consumo eccessivo di zuccheri può avere conseguenze sulla salute, aumentando il rischio di:

Leggi anche: Dimagrire velocemente con la dieta giusta


La giusta quantità di zuccheri al giorno

Secondo i Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti per la Popolazione Italiana (LARN ed. 2016), in una dieta equilibrata (come la dieta mediterranea) circa il 45-60% delle calorie giornaliere devono essere assunte sotto forma di zuccheri; di questi solo il 15% al massimo devono essere semplici. Un apporto totale maggiore al 25% è da considerare potenzialmente legato a eventi avversi sulla salute. Il resto devono essere complessi, quindi derivare dalla pasta, dai cereali, etc. Altrimenti la glicemia si alza troppo, determinando tutta una serie di problemi di salute.

A cosa corrisponde il 15% di zuccheri semplici?

Innanzitutto a due porzioni di frutta. Le linee guida internazionali dicono che l’apporto corretto di frutta e verdura deve essere di cinque porzioni al giorno, di cui tre di verdura e due di frutta. Queste due porzioni di frutta contribuiscono alla percentuale corretta del 15%, mentre la restante parte deriva dai latticini, dal latte, dallo yoghurt. In minima quota possono essere aggiunti il dolcificante o lo zucchero che mettiamo nel caffè. Oppure lo zucchero contenuto in una preparazione alimentare, come quello nei biscotti della mattina.

I dolcificanti

Molto spesso gli zuccheri semplici vengono sostituiti dai dolcificanti, cosiddetti dolcificanti acalorici: dolcificano, cambiando il sapore dell’alimento e rendendolo dolce, ma non apportano calorie, non alzano la glicemia nel sangue, e non hanno tutti gli effetti negativi degli zuccheri semplici.

Alcuni dolcificanti sono chimici, costruiti in laboratorio, come per esempio la saccarina o l’aspartame. Altri sono naturali, cioè estratti da piante, come la stevia: oltre al loro sapore dolce, hanno anche un retrogusto amarognolo, che rimane dopo il processo di estrazione e purificazione.

Quanti zuccheri ci sono nelle bevande dolci?

I soft drink sono ricchi di zuccheri. Una lattina di Coca Cola contiene 35 grammi di zucchero. Se pensiamo che un cucchiaino di zucchero corrisponde a 5 grammi, vuol dire che è come se mettessimo 7 cucchiaini di zucchero in un caffè

Un esempio ingannevole è l’aranciata amara: tutti pensano che, essendo amara, contenga pochi zuccheri. In realtà ne ha 25 grammi, cioè 5 cucchiaini di zucchero in una sola lattina. In un ghiacciolo, una piccola merenda fresca, ci sono 12 grammi di zuccheri, quindi più di due cucchiaini. 

Il dietologo ritiene che le bevande zuccherate siano inutili, perché portano le cosiddette “calorie vuote”, non hanno cioè nutrienti funzionali. E siccome il senso dovrebbe essere quello di idratare, la raccomandazione è di bere acqua. 

Se si ha voglia di qualcosa di dolce, meglio un gelato o una fetta di torta: con lo stesso valore calorico di una bibita danno sazietà e soddisfazione. 

Occasionalmente non è grave berle, ma l’abitudine può portare a conseguenze serie. Se ci si abitua a bere tutti i giorni bevande dolci, si introducono quotidianamente 300-400-500 calorie vuote che aumentano la predisposizione all’obesità o al diabete. Anche quelle con i dolcificanti artificiali, che non apportano calorie, in realtà sono associate a un maggiore rischio di soffrire di obesità, perché favoriscono l’abitudine al gusto dolce favorendo il consumo di alimenti dolci nella dieta abituale.

Gli zuccheri e il buon umore

Tipicamente gli zuccheri piacciono quasi a tutti. Le persone sviluppano il senso del gusto già nei primi momenti della vita, se non addirittura nella vita intrauterina, e il primo sapore che percepiscono è proprio quello dolce del latte materno. Nei primi momenti di vita la fase di frustrazione del bambino viene gratificata attraverso l’allattamento, con un alimento dolce: quando una madre dà il latte ad un bambino che piange, il sapore dolce diventa messaggero del sistema di controllo dell’emozione negativa che il bambino sta provando. Tutti siamo passati da questa fase, ed è per questo che tipicamente i dolci rappresentano un momento di festa, un momento di gioia, di comfort.


Centro Obesità di Auxologico

Auxologico affronta il problema dell'obesità di adulti e minori con un intervento completo, che, a seconda del grado di obesità e delle complicanze associate, può consistere in:

In casi complessi e selezionati, il percorso di cura dell'obesità può continuare con i seguenti interventi riabilitativi o chirurgici, realizzati in sedi ospedaliere:

  • ricoveri per problemi acuti o per riabilitazione presso il Centro Ospedaliero Obesità dell’Ospedale  di Piancavallo (VB);
  • interventi di chirurgia bariatrica presso l’Ospedale Capitanio di Milano. Per accedere è necessaria la valutazione a cura di uno specialista di Auxologico del Centro Chirurgia Bariatrica di Auxologico.

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