Come percepiscono il corpo le persone anoressiche?
Una ricerca condotta da Auxologico Piancavallo assieme ad altre istituzioni di ricerca italiane e straniere, pubblicata dalla rivista scientifica Neuropsychologia ha indagato come le pazienti affette da anoressia percepiscono il proprio corpo e come questo possa aiutare nella scelta delle terapie più adatte.
Precedenti evidenze scientifiche sembrano suggerire come le donne affette da anoressia nervosa si muovano nello spazio come se avessero un corpo più grande rispetto alle proprie reale dimensioni; questa alterazione sembra emergere non solo quando il movimento è realmente effettuato, ma anche quando questo è immaginato.
Tuttavia, questi studi hanno analizzato movimenti complessi, come ad esempio camminare evitando degli ostacoli: questa è una situazione molto particolare, poiché il nostro sistema cognitivo programma e mette in atto l’azione tenendo in considerazione non solo come ci immaginiamo il nostro corpo (in termini di dimensioni e caratteristiche), ma anche come ci immaginiamo e cosa sappiamo dell’ostacolo che dobbiamo evitare, ad esempio la sua pericolosità.
La ricerca di Auxologico
“Pertanto nel nostro studio”, spiegano i ricercatori di Auxologico Piancavallo, “abbiamo utilizzato del compiti sperimentali che sono propriamente centrati sull’azione del corpo, in assenza quindi di oggetti esterni. Abbiamo studiato azioni che richiedono di assumere una prospettiva in prima persona (i.e., egocentrica) per essere risolti in modo efficace. La nostra domanda è: le donne affette da anoressia nervosa mostrano un’alterazione del comportamento, quando effettuano azioni centrate sul proprio corpo? Per rispondere al nostro quesito abbiamo utilizzato l’immaginazione motoria, una funzione cognitiva molto nota nella letteratura psicologica: il nostro cervello ha l’abilità di simulare mentalmente un atto motorio volontario, senza la sua reale esecuzione”.
“I nostri risultati”, proseguono i ricercatori, “che indicano un’alterazione dei processi di immaginazione motoria in donne affette da anoressia nervosa, sono in favore dell’ipotesi psicologica di un corpo osservato ed immaginato da un prospettiva esterna, in terza persona, invece che di una prospettiva egocentrica, in prima persona. Ma che significato ha questa particolare modalità di esperire il proprio corpo? Assumere un punto di vista in prima persona quando si immaginano le azioni del proprio corpo gioca un ruolo cruciale nel modo in cui noi analizziamo ed esperiamo lo spazio circostante e le azioni che in esso compiamo: noi ci percepiamo massimamente come i protagonisti agenti delle nostre azioni. Inoltre, lo spazio che noi viviamo è uno spazio relazionale, dove incontriamo altre persone con cui intessiamo relazioni di varia natura: assumere un punto di vista egocentrico può favorire il nostro sentirci come pienamente attivi in esse. È inoltre interessante sottolineare come i nostri risultati si colleghino a precedenti studi psicologici che sottolineano come il percepire il proprio corpo da una prospettiva in terza persona abbia un impatto significativo sul benessere psicologico e rappresenta un fattore cruciale nella previsione dell'insorgenza e del mantenimento dei disturbi alimentari. In considerazione di questi risultati, recuperare una percezione del corpo in prima persona dovrebbe rappresentare un obiettivo cardine degli approcci riabilitativi nell’ambito dell’anoressia nervosa. Quali mezzi abbiamo a disposizione? Un esempio è rappresentato dalle terapie corporee, come la danza movimento terapia, dove attraverso il movimento si promuove non solo la consapevolezza della percezione corporea e delle azioni compiute, ma anche delle emozioni e dei pensieri che emergono durante il movimento, anche in relazione alle altre persone presenti intorno a noi. Un'altra modalità di intervento è quella che mette al centro l’approccio psicoterapeutico: esso favorisce nelle persone affette da anoressia nervosa la possibilità di dare significato alla propria esperienza di vivere il proprio corpo come da una prospettiva esterna. Infine, ci sono alcune evidenze preliminari - anche se non conclusive – che suggeriscono la possibilità di applicare le nuove tecnologie come la realtà virtuale nell’aumentare la percezione corporea delle persone affette”.
“Nell’immaginario comune l’anoressia nervosa”, spiega la neuropsicologa Dott.ssa Federica Scarpina dello staff U.O. Neurologia e Neuroriabilitazione di Auxologico Piancavallo, tra gli autori della ricerca, “è una condizione che vede nell’alterazione del comportamento alimentare il suo cardine principale. Tuttavia l’esperienza delle donne affette da anoressia nervosa sembra non esaurirsi nel rapporto con il cibo: è un po’ come se guardassimo al dito che punta alla luna, ma davvero non staremmo guardando la luna! La psicologia e le evidenze scientifiche provenienti dalle neuroscienze suggeriscono l’importanza di recuperare una visione che metta al centro il corpo e la nostra esperienza, anche in condizioni di patologia. Il corpo è infatti il nostro ponte di comunicazione tra la nostra mente e il mondo circostante, è ciò che ci permette di sentirci pienamente all’interno del nostro agire, ci aiuta a costruire la memoria delle nostre azioni e di ciò che ci accade”.
“Interrogarsi e fare ricerca sulle caratteristiche dell’immagine corporea nelle pazienti con anoressia”, aggiunge il Prof. Gianluca Castelnuovo, psicologo clinico del Servizio Psicologia Clinica di Auxologico Piancavallo, anch’egli tra gli autori della ricerca, “è fondamentale per migliorare i protocolli di intervento multidisciplinare, obiettivo di un IRCCS. Da sottolineare, per giungere a tale risultato, l’ottima collaborazione fra l’U.O. di Neurologia e Neuroriabilitazione del Prof. Mauro, l’U.O. Riabilitazione dei Disturbi Alimentari e della Nutrizione del Dott. Mendolicchio, il Laboratorio Sperimentale Ricerche Psicologiche, da me diretto e i partner universitari (Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica; Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino; Psychology Department, School of Social Sciences, Heriot-Watt University, Edinburgh, UK)”.
Psicologia Clinica in Auxologico
Il Servizio di Psicologia Clinica nasce dalla collaborazione di Auxologico con la Facoltà e il Dipartimento di Psicologia dell'Università Cattolica di Milano, ed è sede di insegnamento del Master in Psicologia Clinica Sanitaria della stessa università.
Offre un largo spettro di prestazioni in regime di solvenza.
Il Servizio di Psicologia Clinica collabora inoltre con la Società Italiana dell'Obesità e con la Società Scientifica per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare.
L'attività di ricerca
L'attività di ricerca viene svolta congiuntamente dalle due istituzioni nel Laboratorio di Ricerche Psicologiche sui temi della prevenzione, diagnosi, trattamento e assistenza dei problemi psicologici delle patologie trattate da Auxologico, e porta alla sperimentazione di strumenti diagnostici e protocolli terapeutici innovativi e di modelli globali di intervento.