Un ruolo sostanziale per contrastare la pandemia Covid-19 è stato svolto dalle misure preventive di igiene che hanno imposto il distanziamento sociale.
Questo provvedimento, con diverse declinazioni, è stato necessario soprattutto negli ambiti sanitari nei quali si è reso indispensabile limitare l’accesso e la circolazione incontrollati di utenti, familiari e personale all’interno delle strutture sanitarie.
In particolare la limitazione di accesso di familiari e caregivers e l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale (DPI) hanno cambiato radicalmente le abitudini operative determinando ricadute relazionali e cognitive poco riconosciute e comprese.
Oggi, rispetto ad un anno fa, emerge maggiormente la consapevolezza delle distanze che si ampliano fisicamente dal reparto verso l’esterno mentre si riducono emotivamente al suo interno. Questo comporta ricadute sfaccettate e non ancora del tutto chiare agli stessi operatori.
Non dovrebbe essere affidato al singolo operatore trasformare questo nuovo punto di vista in opportunità (che di individualismo ne ha già vissuto abbastanza durante la prima emergenza) ma potrebbe diventare uno spunto per riorientare il percorso del paziente in particolare in tutti quei casi che prevedano una degenza protratta nel tempo, come viene descritto nell'articolo scientifico a cura del Dott. Antonio Robecchi Majnardi e della Dott.ssa Elisabetta Banco della U.O. di Riabilitazione Neuromotoria di Auxologico Capitanio.
Articolo del 06/11/2020, revisionato il 26/11/2020.