Fibrillazione atriale e morte cardiaca improvvisa
Pubblicato il 31/01/2023 - Aggiornato il 28/10/2024
Il ruolo della fibrillazione atriale
Recenti evidenze ipotizzano un ruolo diretto della fibrillazione atriale come causa di morte cardiaca improvvisa. I meccanismi fisiopatologici di tale interazione sono ancora oggetto di studio e sembrano essere in qualche modo influenzati dai quadri di scompenso cardiaco.
Al momento l'opinione è che:
- i pazienti affetti da fibrillazione atriale, se adeguatamente trattati con terapia anticoagulante, non rischiano di incorrere in un evento tragico come la morte cardiaca improvvisa;
- i pazienti giovani con episodi di fibrillazione atriale devono sempre essere valutati in ambito aritmologico per escludere cardiomiopatie e sindrome Wolff-Parkinson-White (WPW) che possono incrementare il rischio di morte cardiaca improvvisa;
- nei pazienti affetti da fibrillazione atriale l’ablazione è una scelta sicura e valida e permette di minimizzare i rischi di complicanze gravi e degli effetti collaterali dei farmaci antiaritmici.
Cos'è la morte cardiaca improvvisa
La morte cardiaca improvvisa (MCI) è un evento che desta molta preoccupazione, fortunatamente raro, provocato da arresto cardiaco cui consegue l’interruzione della circolazione sanguigna e in particolare dell’irrorazione cerebrale. Per effetto di ciò, all’arresto cardiaco segue, se non si interviene tempestivamente, la morte del soggetto.
Spesso alla base di questa sfortunata catena di eventi si verifica una aritmia nota come fibrillazione ventricolare.
La fibrillazione atriale
La ben più nota fibrillazione atriale è l’aritmia cardiaca più frequente ed è caratterizzata dalla presenza di un'attività elettrica atriale rapida e disorganizzata. L'incidenza di questa aritmia nella popolazione si aggira intorno all'1%, ma aumenta con l'aumentare dell'età.
Durante l'aritmia viene a mancare una efficace e regolare contrazione atriale. Le camere atriali sono praticamente immobili e progressivamente si dilatano. L'attività elettrica atriale rapida viene condotta come di consueto ai ventricoli attraverso il nodo atrio-ventricolare, che filtra e riduce la frequenza degli impulsi che lo attraversano. La frequenza ventricolare risulta essere comunque elevata, in genere intorno ai 150-160 battiti al minuto in assenza di terapia.
In linea di principio, la comparsa di una fibrillazione atriale non costituisce un pericolo di vita imminente.
Se non trattata, tuttavia, la malattia può avere gravi conseguenze. I movimenti di pompa irregolari degli atri portano a un aumento della formazione di coaguli di sangue (trombi) che possono essere causa di ictus cerebrale. Per evitare che ciò accada, il paziente dovrebbe ricevere un trattamento preventivo con anticoagulanti. Inoltre, come conseguenza più tardiva di una frequenza cardiaca permanentemente elevata e della inefficace contrazione degli atri, si può sviluppare un'insufficienza cardiaca che si accompagna a un quadro di scompenso cardiaco.
Esiste una terapia medica in grado di trattare questa evenienza, ma soprattutto esiste la possibilità di prevenire tali conseguenze con farmaci che tengano sotto controllo la frequenza cardiaca in corso di fibrillazione atriale o meglio ancora che ne prevengano l’insorgenza (farmaci antiaritmici e ablazione).
Fibrillazione Atriale, il Centro Specialistico di Milano
Quando la fibrillazione atriale incide sulla vita
La fibrillazione atriale non è generalmente implicata nei casi di morte cardiaca improvvisa. Tuttavia in caso di cardiopatia organica associata, l'insorgenza di questa aritmia può portare a un più rapido deterioramento del compenso cardiaco.
Quindi, mentre in alcuni casi l'aritmia non incide sulla mortalità o sulla qualità di vita, in altri si possono avere delle gravi conseguenze sino alla morte del paziente.
La sindrome Wolff-Parkinson-White
La sindrome di Wolff-Parkinson-White (WPW) si manifesta tipicamente in soggetti di giovane età in cui la conduzione degli impulsi elettrici ai ventricoli si verifica attraverso una via accessoria, diversa dal nodo atrio-ventricolare.
Se si sviluppa una fibrillazione atriale, i normali effetti di limitazione della risposta ventricolare da parte del nodo atrioventricolare sono aggirati e le eccessive frequenze ventricolari che ne risultano (anche fino a 200-300 battiti/min) possono portare a fibrillazione ventricolare e quindi morte improvvisa.
I farmaci solitamente usati nella fibrillazione atriale per rallentare la frequenza ventricolare non sono efficaci, anzi alcuni di questi (come la digossina) sono controindicati in quanto possono incrementare la frequenza ventricolare facilitando la degenerazione in fibrillazione ventricolare. In questo contesto può essere impiegato qualsiasi farmaco antiaritmico di classe Ia, Ic o III. Tali farmaci non sono però privi di effetti collaterali, specie se impiegati per un lungo periodo.
Il trattamento di scelta per la sindrome di Wolff-Parkinson-White è dunque l’ablazione, procedura in cui viene eliminata la presenza della via accessoria mediante l’applicazione di radiofrequenza.
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Fibrillazione atriale e cardiomiopatie
Nelle cardiomiopatie la fibrillazione atriale può rappresentare un serio problema. In questo gruppo di patologie, che coinvolgono in genere soggetti di media e giovane età infatti, la fibrillazione atriale è l’aritmia più frequente, favorita dalla eventuale dilatazione delle cavità atriali e dall’età del paziente.
Nei pazienti affetti da cardiomiopatie, le conseguenze emodinamiche della fibrillazione atriale possono essere mal tollerate e si può più facilmente incorrere nei quadri di scompenso cardiaco. I farmaci antiaritmici hanno una efficacia ridotta e si
accompagnano in genere a un maggior numero di effetti collaterali.
Unitamente a ciò bisogna considerare il fatto che alcuni dei farmaci antiaritmici (classe IC come la flecainide) in caso di patologia organica possono avere delle gravi conseguenze e facilitare aritmie più gravi come le tachicardie ventricolari fino anche alla fibrillazione ventricolare. È per questo motivo che sempre più spesso si considera la strategia di ablazione della fibrillazione atriale in questi soggetti, i cui risultati sono di solito buoni, ma dipendono dall’età del paziente, dalla completezza dell’intervento e dalle dimensioni degli atri, in particolare il sinistro.
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I farmaci antiaritmici
Un trattamento di lunga durata si accompagna spesso a effetti collaterali. Per tale ragione, laddove possibile, è consigliabile sempre valutare una strategia che può sembrare inizialmente più invasiva come l’ablazione, ma che nel lungo periodo può avere uno svariato numero di vantaggi in termini di efficacia nel mantenimento del ritmo sinusale e nella qualità di vita.
L’effetto pro-aritmico dei farmaci antiaritmici è da tenere in considerazione anche nei pazienti senza cardiopatia strutturale.
Perché scegliere Auxologico?
L'attività di diagnosi e cura per la fibrillazione atriale conta su alcuni punti di forza:
- stretta integrazione con il Pronto Soccorso dell'Ospedale San Luca, che consente alla maggior parte dei pazienti che accedono per fibrillazione atriale la cardioversione entro 24 ore, senza necessità di un ulteriore accesso per la cardioversione elettiva;
- per la presenza del Centro Aritmie: la valutazione diagnostica iniziale può richiedere l’utilizzo di sistemi di registrazione e monitoraggio elettrocardiografico prolungato (loop recorder esterni e Holter plurigiornalieri, anche settimanali) e può contare sulle più avanzate tecnologie di imaging cardiologico;
- è possibile anche ricorrere a piccoli sensori sottocutanei, loop recorder impiantabili che trasmettono in tempo reale i tracciati in caso di sintomi o di aritmie non associate a sintomi. Gli elettrocardiogrammi sono esaminati in remoto dal Servizio di Telemedicina che contatta il paziente entro 24 ore se sono presenti anomalie significative.