La Riabilitazione di Auxologico Roma Buon Pastore
Pubblicato il 07/01/2022 - Aggiornato il 15/03/2023
Scopriamo la prima sede di Auxologico nel Lazio, Auxologico Roma Buon Pastore, attraverso la storia della Dott.ssa Irene Massari, responsabile dell'Unità Operativa di Riabilitazione Intensiva.
È stato il caso a farmi incontrare la casa di cura Ancelle Francescane del Buon Pastore, ormai vent’anni fa, e ho capito subito che c’era la possibilità di lavorare con professionalità in grado di farmi crescere. Mi ha colpito l’umanità delle persone. La mia curiosità è sempre stata incoraggiata, i miei progetti sostenuti. L’empatia dei miei colleghi mi ha arricchita anche a livello umano.
La Dott.ssa Irene Massari, Responsabile dell’Unità Operativa di Riabilitazione Intensiva di Auxologico Roma Buon Pastore - ex Casa di Cura Ancelle Francescane del Buon Pastore e acquisita nel 2020 da Auxologico - è un medico forte e carismatico.
Laureata all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, già prima di concludere la specializzazione in Geriatria riceve un incarico come medico assistente nel reparto dell’Ospedale Gemelli dedicato alla diagnostica vascolare. Quando si specializza, dall’esperienza nel campo dell’angiologia trascorre due anni in laboratorio a studiare le patologie vascolari, quando all’inizio degli anni 2000 la terapia genica rappresenta un campo all’avanguardia.
Eppure spaziare in ambiti tanto ricchi quanto diversi dalle sue prime scelte le fanno capire che la sua vera vocazione è la clinica: “Sentivo la necessità di tornare a fare il medico”.
L’ultima esperienza, prima di entrare in Buon Pastore, è come responsabile di una RSA da 110 posti letto, “un’esperienza in cui sei costretta a crescere” racconta la Dott.ssa Massari, ma che è disposta a lasciare per un ruolo di assistente nel reparto di Riabilitazione di Buon Pastore. “Non ero spaventata dal retrocedere di una posizione, volevo esplorare un ambito che conoscevo ancora poco e sapevo che avrei lavorato con professionisti di livello”.
Un paziente che viene preso in carico dall’area di riabilitazione motoria e neuromotoria viene seguito da un’équipe di specialisti che lavorano insieme per restituire alla persona la piena autonomia. Il fisioterapista lavora insieme al fisiatra, al neurologo, all’internista, al geriatra. Oltre che agli infermieri e oss (operatori socio sanitari) specializzati in riabilitazione. Il progetto riabilitativo viene “cucito su misura” per ogni singolo caso e siccome il recupero fisico è strettamente legato al benessere psicologico, le fragilità vengono sostenute dall’intervento degli psicologi.
Con una specializzazione in geriatria e la responsabilità di un reparto di riabilitazione punto all’equilibrio clinico perfetto della persona, per questo non ci limitiamo all’assistenza che un paziente può trovare in ambulatorio. Ciò che spieghiamo ai parenti dei nostri ricoverati è che lavoriamo con gradualità. Accogliamo pazienti che hanno superato un intervento chirurgico da solo 3-4 giorni, che possono avere un assetto ematochimico compromesso. Ci prendiamo cura di chi esce da un intervento programmato, per cui le condizioni cliniche pre intervento sono già note. Ma anche di chi subisce un intervento in seguito a una frattura improvvisa, perciò il quadro clinico va ancora indagato. Valutiamo gli aspetti polmonari, cardiologici, ematochimici per consentire al fisioterapista e all’équipe che lo affianca di lavorare avendo tutti i valori sotto controllo.
Con il tempo si è diffusa una cultura della salute che incoraggia l’attività fisica, anche negli anziani. Vent’anni fa i pazienti della Dott.ssa Massari impiegavano circa 10 giorni a lasciare il letto di cura dopo un intervento e oltre i 65 anni non si affrontava un’operazione per una protesi d’anca o al ginocchio. “Oggi un ottantenne chiede di essere operato e l’età sale anche fino ai 90 anni. L’attivazione post intervento deve essere veloce, perché l’allettamento è stato riconosciuto come un fattore di rischio”. E infatti dopo 2-3 giorni, in modo progressivo, i pazienti iniziano le attività riabilitative lontani dal letto.
Nel 2022 le nostre squadre di lavoro sono più dinamiche e attente agli aspetti psicologici e cognitivi dei pazienti, specchio dello stato di salute della società. Faccio un esempio concreto: un evento come la frattura del femore scardina l’equilibrio di un anziano. Arriva da noi dopo il periodo in ospedale che può essere confusionario, dove non sempre capisce cosa sta succedendo. Da questi momenti può nascere uno stato depressivo, che può portare a un deficit cognitivo. Se l’incapacità è indotta dallo stress, cioè essere lontani da casa, il dolore fisico, la paura di non sopravvivere all’incidente, la depressione si trasforma in chiusura ed è difficile rimettere in piedi un paziente che non collabora. Noi ci occupiamo a 360° dei bisogni, coinvolgendo anche gli assistenti sociali se necessario, per fare in modo che i pazienti possano tornare nelle loro case guariti e con una prospettiva.